lunedì 26 marzo 2012

Continuavano a chiamarlo Osvaldo


Sono trascorsi quarant’anni dalla tragica morte di Giangiacomo Feltrinelli, l’ex partigiano che voleva esportare la Rivoluzione cubana in Italia

Il 14 marzo 1972 morì, a Segrate, Giangiacomo Feltrinelli: editore, partigiano e rivoluzionario italiano. Sono passati quarant’anni dal giorno in cui il fondatore dei GAP (Gruppi d’Azione Partigiana), il cui nome di battaglia era Osvaldo, fu ucciso dalla bomba (preparata con l’aiuto di Carlo Fioroni) che tentò di piazzare sotto un traliccio dell’alta tensione, nei pressi di Milano.

Tutt’ora è considerato un personaggio scomodo, come Amadeo Bordiga prima di lui, una specie di “innominabile” negli ambienti della sinistra italiana e non solo. Nel 1944, s’iscrisse al Partito Comunista Italiano e prese parte alla Resistenza contro il regime fascista di Benito Mussolini.

Amico di Fidel Castro volle esportare la Rivoluzione cubana nel Belpaese (le prime azioni ebbero luogo in Emilia e in Liguria). Nel 1968, si recò in Sardegna per incontrare i militanti della sinistra e i gruppi separatisti (Feltrinelli entrò in contatto con il bandito Graziano Mesina), e organizzare così la lotta armata sull’isola.

Nel suo libro, Morì come Che Guevara - storia di Monika Ertl, il giornalista tedesco Juergen Schreiber ha raccontato che era di proprietà di Feltrinelli la pistola (una Colt cobra 38 special) che, impugnata da Monika Ertl il primo aprile 1971, uccise, presso il consolato boliviano ad Amburgo, l’assassino di Ernesto Che Guevara: l’ex colonnello della polizia, Roberto Quintanilla Pereira.

Con tre colpi di pistola, la giovane guerrigliera marcò il corpo del console boliviano con una “V”, che stava ad indicare la parola  “Vittoria”. Sulla scrivania dell’ex poliziotto boliviano, la trentaquattrenne tedesca lasciò un biglietto con scritto “Vittoria o Morte”: il motto dell’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) in Bolivia. 

Nel 1970, dopo la strage di Piazza Fontana (1969), temendo un golpe militare, come accadde in Cile, da parte della destra neofascista italiana, Feltrinelli decise di fondare i GAP. In Il Partito Armato, Giorgio Galli ha spiegato che “la questione delle origini ideologiche del partito armato – il suo marxismo-leninismo – s’intreccia con quella del richiamo alla tradizione antifascista, della quale si sono già viste manifestazioni indicative, dalla terminologia (GAP, Nuova resistenza), alle date scelte per le azioni”.

L’editore nato a Milano il 19 giugno 1926 era, politicamente, vicino al “nucleo storico” delle Brigate Rosse. Come Che Guevara, questi gruppi ribelli credevano che la lotta armata fosse “l’unica soluzione per i popoli che lottano per liberarsi”. Secondo il docente di Storia delle dottrine politiche, essi erano “gli eredi di una tradizione politica che parlava di ‘Resistenza tradita’, cioè di una lotta armata potenzialmente rivoluzionaria che non aveva raggiunto i suoi obiettivi ultimi (uno Stato socialista) a causa della strategia del PCI di Togliatti, definita ‘opportunista’ – gli iniziatori della lotta armata pensavano a un partito che questa lotta avrebbe ripreso e condotto fino al raggiungimento di tale obiettivo, sia pure a lunga scadenza”.

Il conflitto ideologico tra Feltrinelli e il PCI, ha spiegato Galli, aveva un risvolto anche a livello internazionale. Le idee politiche dell’editore milanese erano particolarmente internazionaliste. Egli credeva nell’“esercito internazionale del proletariato”, di cui avrebbero dovuto far parte gli eserciti rivoluzionari latinoamericani, africani e asiatici con a capo quelli del Vietnam, della Corea del Nord, della Cina e dell’URSS. “Se si considera che questo scenario viene evocato proprio mentre più aspro è lo scontro ideologico trai partiti comunisti dell’URSS e della Cina, la tesi […] risulta persino paradossale”, ha scritto lo storico italiano ed ha aggiunto: “si trattava in realtà di una valutazione dell’URSS che aveva profonde radici nella tradizione comuniste alla quale Feltrinelli si riallacciava e che trovava espressione in uomini come Pietro Secchia, già leader (invero alquanto cauto) della cosiddetta ‘ala dura’ del PCI – quella che negli anni Cinquanta ufficialmente condivideva, e a mezza voce criticava, il possibilismo togliattiano”.

Osvaldo fu coerente con le sue idee fino alla fine. A quarant’anni da quel tragico evento, sono ancora forti i dubbi che circondano la sua morte. Alcuni giorni fa, Ferruccio Pinotti ha pubblicato una notizia “stupefacente” sul Corriere della Sera: secondo la perizia medico-legale dell’epoca, il rivoluzionario italiano potrebbe “essere stato aggredito prima dell’esplosione, legato al traliccio con l’ordigno e fatto saltare”. Non si sarebbe trattato di un incidente, quindi, ma di un vero e proprio omicidio.
Scoprire il mandante non sarà impresa facile. Secondo Pinotti, infatti, “sono molti i possibili infiltrati, i «traditori» che possono avere ordito la morte di Feltrinelli ed aver collaborato ad essa: ambigue figure infiltrate nell’entourage dell’editore dal Mossad o dall’intelligence atlantica, con la collaborazione dei Servizi italiani”.

In un articolo del 26 marzo 1972, il settimanale politico Potere Operaio affermò che Feltrinelli fosse stato ucciso “perché era un rivoluzionario che, con pazienza e tenacia, superando abitudini, comportamenti, vizi, ereditati dall'ambiente alto-borghese da cui proveniva, si era posto sul terreno della lotta armata, costruendo con i suoi compagni i primi nuclei di resistenza proletaria”.
Figlio del suo tempo Giangiacomo Feltrinelli rimane un personaggio estremamente affascinante per il suo impegno politico e culturale, nel nostro Paese e all’estero. Rivoluzionario romantico sulle orme di Fidel Castro ed Ernesto Guevara (fu il primo a pubblicare in Italia il diario del Che in Bolivia) volle applicare la guerra di guerriglia sulla nostra penisola. 

Come Giuseppe Garibaldi, tentò di liberare, con l’uso delle armi, la sua Patria da coloro che egli riteneva degli usurpatori. Impotente, come molti suoi compagni, davanti agli accordi stipulati a Jalta da Stalin, Churchill e Roosvelt nel 1945, che divisero il mondo in due blocchi contrapposti, l’ex partigiano italiano morì all’età di quarantacinque anni.  

Vincenzo Iannone

domenica 25 marzo 2012

Quando cardinali e vescovi avranno sperimentato la loro prima gravidanza

le loro prime doglie, e avranno cresciuto un paio di bambini col salario minimo, allora sarò lieto di ascoltare cosa avranno da dire sull'aborto.

George Carlin




                                                  

venerdì 23 marzo 2012

Salerno, un costoso giorno di primavera


Mi sveglio. La città è silenziosa al chiarore dell’alba. Pulisco casa, faccio una lavatrice e lavo i piatti della sera prima. Appendo i panni ad asciugare * e annaffio i gerani * fuori al balcone. 

Per un ora non ho niente da fare e allora accendo la televisione, come al solito durante la pubblicità il volume si alza *, per fortuna mia sorella mi urla sguaiata dalla camera e lo abbasso. 

Sto imparando a suonare la chitarra ma oggi non ho tempo, mi prendo solo una mezz’ora dopo pranzo, dalle 15.30 alle 16*, poi scendo. Quando arrivo di fronte all’automobile mi accorgo che è abbastanza un cesso, la classica scritta “lavami” sul parabrezza, non ho tempo di portarla a lavare quindi mi accosto a una fontanella e lavo al volo il parabrezza*. Arrivo al centro, cerco un parcheggio ma non ce ne sono se non a pagamento, ci rinuncio e pago.

Cammino per il corso, finalmente una giornata di sole, non c’è molta gente. Qualche passante. Una signora dà del cibo a qualche piccione*. Prendo dei cracker che avevo in tasca e mi unisco anche io*, continuo a camminare e finalmente mi incontro con Gianni, un amico. Ci divertiamo a fare i giocolieri e lo facciamo sul corso** così da farci vedere, facendo anche molte figure meschine.

Finiamo, ho un appuntamento con Maria, corro, tra le stradine vedo
 un murales fantastico* e un writer che ne sta facendo un altro** mi fermo un attimo per fotografarli e vado. Sul lungomare un migrante mi offre le rose** ma preferisco cogliere qualche margherita* per Maria. 
La porto in un locale con musica dal vivo, a mezzanotte finiscono ma chiediamo il bis*** e la giornata finisce con le sirene che mi rimbombano in testa

Legenda:
* 100 euro di multa
** 250 euro di multa
*** chiusura del locale

Se il nuovo regolamento della polizia municipale salernitana passasse inalterato questa giornata costerebbe complessivamente 1400 euro

Fonte:  
http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=186810&sez=CAMPANIA


Lorenzo Moscariello

mercoledì 21 marzo 2012

Mezzogiorno di Piombo


Il sud, questo luogo che nei discorsi della nostra classe dirigente sembra distante, quasi come se non facesse parte della nostra vita, la cosa strana è che anche alcuni esponenti dei partiti oggi in parlamento, pur provenendo dalla nostra stessa terra ne parlano come se non la conoscessero. Come se il Mezzogiorno d’Italia fosse un mondo che non gli appartiene. Il Mezzogiorno: granaio dei più floridi imperi del passato, colonna portante della cultura italiana, calamita degl’interessi delle potenti civiltà dei secoli trascorsi e centro del Mediterraneo prima; colonia dei Savoia, terra esportatrice di manovalanza a basso costo, discarica d’Europa e palla al piede poi.

Ci è stato detto che dovevamo essere agricoltori, ci hanno fatto amare la nostra terra, per essa abbiamo versato sangue e sudore, e lei fedelmente ci ha ripagato generosamente con i suoi frutti, mentre i nostri aguzzini l’avvelenavano senza ritegno con i loro rifiuti. Un giorno, uomini dal colletto bianco, hanno comprato le nostre terre e ci hanno detto che era finito il tempo dell’agricoltura, il Mezzogiorno, per svilupparsi, doveva diventare come il nord, terra di opportunità, dove i figli dei contadini fuggivano per diventare operai. Così facemmo, cominciarono a sorgere industrie a macchia di leopardo, poi sorsero interi poli industriali dal nulla, interi comparti delle industrie del nord, soprattutto i più pericolosi per la salute dei cittadini, infestarono come erbacce le nostre terre, avvelenando i nostri fiumi e massacrando il comparto agricolo.

Passa qualche anno, un paio di generazioni, le terre avvelenate non fruttano più come prima, le fabbriche, il progresso di cui si riempivano la bocca quei signori ben vestiti e con le tasche piene di soldi, cominciano a perdere colpi, una ad una crollano sotto il peso di una crisi di cui non conoscevamo le cause, che all’improvviso ci travolge e sembra quasi un terremoto. Uno dopo l’altro quei capannoni che erano diventati casa e prigione di noi operai del sud, noi figli di contadini, divenuti figli dell’officina, ci ritrovammo finalmente liberi, liberi di doverci svendere al miglior offerente, liberi di vivere di espedienti, liberi di credere a qualsiasi promessa pur di non cedere alla disperazione più nera, quella che non ti porta da nessuna parte se non a ritrovarti in una cassa da morto con un livido attorno al collo.

Siamo arrivati nel secondo millennio, carichi di speranze e buoni propositi, ma nella nostra terra, quella che nonostante tutto ancora amiamo, le speranze sono poche. Sono così poche che ormai, noi del Mezzogiorno il lavoro non lo cerchiamo neanche più. Poi un giorno i nostri padri muoiono per colpa dell’amianto o di qualche altro veleno che altri hanno inventato per noi, un giorno arriva la cassa integrazione perché la fabbrica dove hanno lavorato per una vita chiude, un altro giorno il negozio dove i nostri padri hanno investito tutta la loro vita diventa un peso, schiacciato dalla concorrenza dei grandi marchi e delle multinazionali. È quando arrivano quei giorni che il mondo ti cade addosso: come faremo ad andare avanti? Che fine farà la mia famiglia? Come darà da mangiare a mio figlio? Come farò a finire l’università? Che fine ha fatto il mio futuro?

“Quando la ragazza è rimasta incinta quel mio amico è partito volontario, ha fatto il VFP, dice che lì se sei bravo, se fai quello che ti dicono i superiori senza discutere, ti fanno fare carriera, dicono che se vai in missione ti fai i soldi…” I soldi, è proprio quello che ci manca a noi del sud per risolvere i nostri problemi.

Dal Rapporto annuale dell'Esercito Italiano, nel 2010, nell'attività di reclutamento, oltre il 68% dei Volontari in Ferma Prefissata per 1 anno proviene dal Mezzogiorno o dall'Italia insulare. Si parla di circa 14 mila campani, 10 mila siciliani, 8 mila pugliesi, 5 mila laziali, 2 mila sardi. Le stime parlano di un livello di scolarizzazione degli arruolati pari al 21% con licenza media inferiore, il 78% con diploma di scuola media superiore e l'1% in possesso di laurea triennale o quadriennale.

Fare il militare è un modo per sfuggire alla disoccupazione per noi. Siamo costretti a rimanere a casa a fare le sanguisughe, i mammoni, i fannulloni, gli sfigati o ad andare a combattere guerre che non ci appartengono in terre lontane e morire uccisi da chi, come farebbe chiunque, non fa altro che difendere la propria terra dall’invasione del nemico, che dice di portare la democrazia, ma porta solo morte, crudeltà e paura. Li chiamano terroristi, ma nei loro occhi vediamo tutta la disperazione di chi si batte per un futuro che forse, grazie ai fucili che portiamo in braccio, non vedranno mai.

Ci hanno tolto la terra, ci hanno tolto la salute, ci tolgono il lavoro ed in fine ci strappano via la vita e noi dovremmo rimanere in silenzio ed obbedire? Non sarà più così, ci ribelleremo, ed allora le vostre guerre ve le combatterete da soli. I nostri sogni non sono fatti di uranio, petrolio piombo.

 Daniele Procida

domenica 18 marzo 2012

il limite a prescindere

Fornero: "io credo che oggi siamo abbastanza maturi, noi come governo abbiamo un tempo limitato e non possiamo andare avanti a discutere all'infinito" "io direi che il limite è la settimana prossima"

ore 20.59 domenica 18 marzo

venerdì 16 marzo 2012

Ex isochimica Avellino, l'amianto dimenticato


Salerno. Decine di operai dell’ex Isochimica di Avellino hanno incontrato, mercoledì 7 marzo, i segretari provinciali del PRC, Loredana Marino e Tony Della Pia (rispettivamente di Salerno e Avellino).

Nella sede provinciale del PRC/FdS, i lavoratori hanno raccontato che 240, tra ex operai e loro familiari, sono state vittime di patologie di diverso tipo causate dall’esposizione all’asbesto. Sette sono stati i morti (alcuni da fibrosi polmonare e altri da mesotelioma pleurico e tumore polmonare), tra cui un suicida di quarantotto anni, che ha lasciato moglie e figlie.

Carlo Sessa, un ex operaio dell’Isochimica, ha dichiarato: “tra le persone ammalate, ci sono anche i familiari dei lavoratori: le mogli e le figlie che, per lavare le divise da lavoro, hanno respirato le fibre d’amianto”.
Sessanta sono gli operai di Salerno e provincia, che hanno lavorato nella fabbrica campana. Attraverso la lettera di Gaetano Leone, i lavoratori salernitani hanno chiesto al sindaco della loro città, Vincenzo De Luca, di sostenere la loro battaglia contro quest’ingiustizia.  

L’Isochimica, che si occupava, in seguito ad una commessa delle Ferrovie dello Stato, della scoibentazione e ricoimbentazione delle carrozze ferroviarie, è stata chiusa nel 1988, secondo le ordinanze del pretore di Firenze, Beniamino Deidda. L’anno precedente, l’ing. Graziano ha usufruito dell’amnistia, dopo essere stato imputato ai sensi dell’art. 21 del DPR 303/56, per aver “costretto” i suoi dipendenti a lavorare in un ambiente inquinato.   

Secondo il PRC irprino e il Comitato di Lotta Operai ex Isochimica, dopo vent’anni d’inchieste e di processi giudiziari, le organizzazioni competenti e le istituzioni, come il Ministero dell’Ambiente, il Ministero della Salute, l’ASL n. 4 di AV, l’INAIL, l’ARPAC, l’INPS e i sindacati non hanno tutelato, con controlli adeguati e costanti, la salute dei cittadini e l’ambiente circostante.

Secondo quanto denunciato dal Comitato di Lotta Operai ex Isochimica e dal Partito della Rifondazione Comunista/Federazione Irpina, “l’amianto rimosso dalle circa duemila carrozze trattate, 20.000 qli, in gran quantità giace sotterrato all’interno dello stabilimento, un’altra parte è incapsulato in blocchi di cemento/amianto, mentre una sconosciuta quantità è stata smaltita in discariche con dubbia competenza, nelle campagne circostanti o lungo l’alveo del fiume Sabato”.

Il PRC e gli operai della fabbrica avellinese chiedono, a gran voce, che vengano condotti una bonifica efficace dell’area contaminata dall’amianto, degli esami dettagliati sugli effetti provocati dall’Isochimica sul territorio; uno studio approfondito del livello di inquinamento delle falde acquifere, atmosferico e terrestre, e la predisposizione di un registro storico epidemiologico, per riportare, negli anni, le patologie tumorali degli abitanti.

L’ex fabbrica di Elio Graziano ha provocato un danno ambientale dalle notevoli dimensione  e ha minacciato la vita di centinai di lavoratori campani. Le sofferenze degli operai avellinesi e salernitani dimostrano, ancora una volta, che il capitalismo, non regolato da leggi in materia di lavoro, salute e ambiente, non solo aumenta lo sfruttamento dei lavoratori, ma mette in serio pericolo la loro stessa esistenza.

Per questo motivo, il Partito della Rifondazione Comunista di Salerno e Avellino si è unito al Comitato di Lotta Operai ex Isochimica per la difesa della salute di tutti i cittadini campani.

Vincenzo Iannone

giovedì 15 marzo 2012

Petizione per salvare l'articolo 18, mettiamoci la firma.


“Noi sottoscritti/e consideriamo l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori una norma di civiltà.
L’obbligo della reintegra di chi viene ingiustamente licenziato è garanzia per ogni singolo lavoratore ed è al tempo stesso il fondamento per l’esercizio dei diritti collettivi delle lavoratrici e dei lavoratori, a partire dal diritto a contrattare salario e condizioni di lavoro dignitose.
Se l’articolo 18 fosse manomesso ogni lavoratrice e ogni lavoratore sarebbe posto in una condizione di precarietà e di ricatto permanente, essendo licenziabile arbitrariamente da parte del datore di lavoro. Se l’articolo 18 fosse manomesso verrebbero minate in radice le agibilità e le libertà sindacali.
Per questo motivo va respinta ogni ipotesi di manomissione o aggiramento dell’articolo 18.
L’articolo 18 va invece esteso a tutte le lavoratrici e i lavoratori nelle aziende di ogni dimensione.”
 METTIAMOCI LA FIRMA!

aderisci compilando il modulo online su


Fare un quadrato

mercoledì 14 marzo 2012

“beh non è giusto, Ricky Gervais fa battute sulle persone grasse. Non farebbe battute sui gay. Ed essere grassi è come essere gay"


Cosa? Non è vero. Non puoi scegliere la tua sessualità. 
Con la tua sessualità, nasci, cresci, scopri che ti piace avere relazioni con i membri del tuo stesso sesso e fine. Sei gay, ok?


Per far si che essere gay sia lo stesso di essere grassi, dovresti nascere, essere etero, crescere sapendo di essere etero, ma gradualmente e consapevolmente farti piacere il cazzo! 


Ricky Gravais - Out of England 2

Università degli studi di salerno (e non solo)


Rilanciamo la nota sull’università dei Giovani Comunist* Salerno (http://www.facebook.com/notes/giovani-comunisti-e-salerno/il-sistema-universit%C3%A0-destinato-a-cambiare-in-peggio-intanto-alluniverisit%C3%A0-di-s/190115047765898):

La condizione dell* studente/essa oggi giorno sta diventando sempre più precaria e difficile da sostenere per l'università sempre meno accessibile per motivi dovuti all' innalzamento delle tasse continuo, ai tagli alle borse di studio ormai accessibili a pochissimi e in ultimo non per importanza, ai costi alti dei libri di testo e delle immancabili parti speciali (a volte anche due o tre).
Il neoministro dell'istruzione Profumo oltre ad aver continuato il maloperato della Gelmini ha proclamato un nuovo riassetto delle università: presto esisteranno atenei di serie "A" e atenei di serie "B", indovinate un po' quali università andranno sempre peggio? La risposta ovvia è orientata sugli atenei del sud. Tale differenziazione sarà accentuata con l’abolizione del valore legale del titolo di studio,proposta già discussa dal Consiglio dei ministri/professori tecnici.

Negli ultimi anni inoltre, il taglio dei fondi al sistema universitario pubblico ha reso ancora più carenti i servizi che dovrebbero essere messi a disposizione degli studenti: il sistema bibliotecario ad esempio dovrebbe fornire numerose copie dei libri di testo e manuali adottati nelle facoltà. Ma spesso tutto questo non avviene e gli studenti ancora una volta  sono costretti a sostenere ulteriori spese. I docenti, da parte loro, non sembrano per nulla andare incontro agli studenti, anzi! Basti pensare alle richieste di alcuni docenti che pretendono l'acquisto di libri originali per poter superare gli esami e che spesso sono i docenti stessi a svuotare le biblioteche universitarie, prendendo “in prestito” libri senza mai più restituirli (ebbene sì, quante volte vi è capitato di andare alla ricerca di “libri fantasma”? Ora sapete da chi andare a riscuoterli!).

La nostra attenzione si pone inoltre, sull’odiata distinzione di programmi tra studenti corsisti e non per cui questi ultimi sono costretti a dover portare all’esame ulteriore materiale. Diventa dunque, ancor più difficile stare al passo con i tempi universitari, soprattutto per chi oltre ad essere studente è anche lavoratore... nella maggior parte dei casi a nero!  Ed ecco quindi che la tanto decantata "meritocrazia" si mostra per quello che è: strumento di selezione dove solo chi possiede la capacità economica di fronteggiare tutte le spese necessarie potrà permettersi di ottenere un titolo di studio spendibile nel mercato del lavoro.  Gli studenti-lavoratori non solo non vengono agevolati ma sono addirittura sottoposti a logiche discriminatorie (più studio, meno appelli).

Come non soffermarsi poi, sulle problematiche infinite riguardanti gli orari dei corsi che spesso coincidono tra di loro, facendo sì che l'unica possibilità di risolvere tale coincidenza sia il dono dell'ubiquità ed in alcuni casi anche dello sdoppiamento triplo!

E ancora...
appelli d'esame o rari o troppo vicini l'uno con l'altro.
Fine sessione d'esami che coincide con l'inizio dei corsi senza alcun giorno di pausa.
Corsi senza fine dal primo mattino fino al tardo pomeriggio senza previsione di alcun ora di spacco.
Professori senza alcuna voglia o intenzione di rispondere alle mail.
Prove intercorso non corrette proprio o non in tempo.  
Sito in continuo subbuglio.
Disorientamento delle matricole che non hanno a disposizione alcuna guida (rappresentanti di facoltà fantasmi).

Probabilmente saranno problematiche che toccano tutte le Università, ma non credi che questa sia la descrizione esatta del 'nostro' campus?
 Non credi anche tu, studente/essa dell'università di Salerno, che sia ora di cambiare le cose?


Giovani comunist* Salerno

domenica 11 marzo 2012

Soldati NATO Massacrano 16 Civili


Nelle ultime ore sta girando la notizia che un soldato statunitense, appartenente alle forze NATO di stanza in una base militare in Afghanistan, in preda ad una crisi di nervi, ha aperto il fuoco su un gruppo di civili causando una decina di morti. Secondo il Presidente afghano Hamid Karzai e numerosi testimoni la notizia è solo parzialmente vera.

Dalle testimonianze della cittadinanza dei due piccoli paesi nel sud della provincia di Kandahar, un gruppo di soldati NATO ubriachi sono arrivati in paese intorno alle 2:00 e, ridendo, sono entrati nelle case dei civili massacrando nel giro di poco tempo 16 civili di cui 9 bambini e tre donne. Secondo le testimonianze i soldati, dopo la strage, hanno cosparso di sostanze chimiche alcuni corpi per poi bruciarli.

Padri di famiglia distrutti e vicini di casa terrorizzati raccontano ciò che è accaduto nella notte fra sabato 10 e domenica 11 marzo. Quando questo massacro finirà sarà già troppo tardi, dal 2001 le forze di occupazione NATO massacrano i talebani e la popolazione civile dell’Afghanistan.
 
Hamid Karzai ha chiesto spiegazioni agli Stati Uniti ed ha commentato il fatto definendo “omicidio volontario” l’incursione indiscriminata dei soldati NATO.
È questa la democrazia che esportiamo noi occidentali?


Daniele Procida

La Via Bio-meccanica dei Rifiuti



Come anticipato nel precedente articolo, siccome non siamo capaci di dire solo “NO”, ci siamo impegnati nella ricerca di un metodo alternativo di smaltimento dei rifiuti. Sono diverse la alternative in campo, ma quando si parla di chiusura del ciclo integrato dei rifiuti riuscire a tradurre gli incomprensibili tecnicismi diventa quasi impossibile, e fin troppo spesso si tende a considerare alternativo ciò che alternativo non è.

Dopo aver analizzato le motivazioni per dire no al termovalorizzatore (impianto basato sull’incenerimento dei rifiuti) che di per se nega la raccolta differenziata a causa degli enormi volumi di cui necessita per mantenere un livello minimo di efficienza energetica, cercheremo di spiegare cosa sono torcia al plasma, gassificatore ed il trattamento meccanico biologico.

Torcia al Plasma: La torcia al plasma è un dispositivo usato per molteplici scopi, fra cui la distruzione dei rifiuti. Il dispositivo in questione, genera un getto di gas ionizzato ad altissima temperatura (7000-13000 °C) che, letteralmente, vetrifica tutti i tipi di rifiuti con cui viene a contatto e li trasforma in una sorta di “pietra lavica”, successivamente utilizzabile come materiale da costruzione, soprattutto per la pavimentazione stradale. Questo sistema, che solitamente viene utilizzato per lo smaltimento di pneumatici, PVC, rifiuti ospedalieri e altri rifiuti industriali, potrebbe essere usato anche per lo smaltimento di rifiuti urbani non trattati, poiché le altissime temperature di combustione potrebbero ridurre a zero le emissioni di diossine e furani.
Il problema di questi impianti però, rimane lo stesso dei così detti “termovalorizzatori di nuova generazione”: le nanopolveri (PM2,5), che, come detto nel precedente articolo, non sono rilevabili dai normali sistemi di controllo e, ad oggi, non si riesce a quantificare le emissioni di queste pericolosissime e cancerogene ceneri che sfuggono dalla vetrificazione disperdendosi nell’atmosfera. Oltretutto permane il problema della mole di rifiuti necessaria a far funzionare questi impianti, dunque minando la buona riuscita della raccolta differenziata.

Gassificatore: Il gassificatore è un tipo di impianto molto simile ai vecchi gasogeni a carbone, utilizza un processo molto simile ad un inceneritore ed altrettanto simile nelle emissioni. I rifiuti vengono finemente tritati ed inseriti all’interno di un reattore, dove ad una temperatura costante, leggermente più bassa rispetto ad un inceneritore, il rifiuto viene investito da una corrente di azoto ed ossigeno. I prodotti della combustione sono ceneri ed un gas combustibile detto syngas, ottimo per avviare la combustione e mantenere costate la temperatura del reattore, oppure, in ogni caso, per produrre energia in centrali termoelettriche a gas.
Come già scritto nella descrizione del sistema, i problemi sono sostanzialmente gli stessi di un qualsiasi termodistruttore: micropolveri, nanopolveri, smaltimento delle ceneri, inquinanti in atmosfera e soprattutto totale incompatibilità con la raccolta differenziata di cui tanto si vantano i nostri amministratori locali quando vengono invitati sulle TV nazionali.

Trattamento Meccanico-Biologico(TMB): È rarissimo sentir parlare di questo sistema, solitamente viene considerato un trattamento intermedio, non un trattamento finale, ma questo è un errore gravissimo per molteplici motivi.
Il trattamento dei rifiuti operato da questo tipo di impianti si divide in due fasi: una biologica ed una meccanica. Il trattamento biologico consiste in una selezione automatica delle componenti organiche del rifiuto per poi avviare un processo di fermentazione. La fermentazione della componente organica può avvenire in due modi: aerobica con una produzione di compost, utilizzabile come fertilizzante; oppure anaerobica con la produzione un materiale la cui possibilità di fermentare ulteriormente è stata ridotta del 90%  che può essere dunque utilizzato come “riempimento” per discariche non ancora sature, senza per questo aggravare la situazione ambientale, e biogas. Il trattamento meccanico invece, grazie ad una “squadra” di sensori seleziona e differenzia i diversi tipi di materiali riciclabili dall’indifferenziato. Plastiche di vario genere, pellicole, metalli, materiali compositi ecc… vengono lavati da eventuali residui organici che poi vengono essiccati e dai quali è possibile estrarre biogas utilizzabile per produrre energia e rendere energeticamente autosufficiente tutto il processo.
Con il TMB il livello della differenziata potrebbe raggiungere il 95-98%,  riducendo dunque il non riciclabile al 5-2% e la nostra provincia ne trarrebbe un enorme vantaggio ambientale ed economico. Il 5-2% rimanente, composto principalmente da materiale plastico, se finemente tritato diventa un ottimo alleggerente per materiali da costruzioni, utilizzabile al posto della sabbia di cava senza che le strutture ne risentano da un punto di vista di solidità.

Insomma il TMB potrebbe risolvere buona parte dei problemi legati allo smaltimento dei rifiuti della nostra provincia, ma il piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti non comprende l’utilizzo di un simile sistema, preferendo un obsoleto termovalorizzatore, o più genericamente un termodistruttore, a discapito della nostra salute; intanto in provincia di Treviso un simile impianto è già in funzione, mentre Tergu e Colleferro ed altri 12 comuni sardi stanno collaborando per la costruzione di uno di questi impianti nel loro territorio. A questo punto ho una domanda per i lettori: se i nostri amministratori, fra Comune, Provincia e Regione, non sono capaci neanche di copiare altre realtà virtuose, siete proprio sicuri di aver votato le persone giuste?

Daniele Procida

giovedì 8 marzo 2012

Verso il Pride campano a Salerno


A maggio la città di Salerno accoglierà il Pride campano 2012. Anche quest’anno, così come negli anni passati, in tutta Italia, le compagne e i compagni di Rifondazione Comunista lavorano per la diffusione della piattaforma politica e per la partecipazione all’ iniziativa campana ed europea.
“noi siamo assolutamente dentro l’organizzazione del Pride perché riteniamo che i diritti e i diritti di orientamento sessuale, come sono quelli su cui pone l’accento il Pride, sono costitutivi della civiltà di un paese. Non si può accettare l’idea che quando c’è una crisi ci siano dei diritti che vengono lasciati indietro, i diritti si conquistano tutti insieme e quindi noi dentro il Pride ci siamo non come ospiti, ma come forza che lavora per organizzarlo e per farlo riuscire”
dall’intervista di socialredwork a Paolo Ferrero – segretario nazionale del PRC

Il contributo di diffusione e partecipazione che il PRC –Federazione di Salerno porta avanti si concretizza attraverso l’adesione da un lato e l’organizzazione, dall’altro, di  momenti e iniziative pubbliche di discussione e compartecipazione. La prima iniziativa è stata“FamiliAE in genere” il 26 febbraio. Un incontro incentrato sulle famiglie omogenitoriali a cura di Margherita Santo, responsabile provinciale PRC Welfare, con la dott.sa Giuseppina La Delfa presidente nazionale dell’associazione “Le Famiglie Arcobaleno”.

Le iniziative, che il PRC metterà in campo, sono tutte tese a rivendicazioni di libertà contro ogni forma di discriminazione e omofobia. Vogliamo costruire un percorso capace di sostenere le istanze di liberazione della comunità LGBTQI nella rivendicazione di quel diritto di felicità, che appartiene ad ognuna e ognuno di noi, di quella possibilità, che noi tutti dovremmo avere, di poter usufruire di pari diritti.

 Questo significa esprimere una chiara e inequivocabile battaglia di laicità e autodeterminazione, presupposti irrinunciabili di una società moderna, restaurazione di una politica con la P maiuscola che voglia essere nuova e partecipata come spazio politico vivo e stimolante, come luogo di confronto tra le differenze e le conseguenti osmosi. Questo per noi significa esprimere una lotta alle discriminazione che camminano lungo il binario ricco/povero, bianco/nero, sfruttatore/sfruttato, maschio/femmina, il binario della condizione umana come immaginario “etero patriarcale”, che condanna alcune e alcuni alla condizione di subalternità alla struttura capitalistica, altri alla condizione di inferiorità di genere e altri ancora, ad una cultura eterosessuale obbligatoria.

E’ in questo intreccio culturale stereotipato che bisogna creare degli spazi di agire politico, dal basso a sinistra, dove portare avanti una battaglia in nome della difesa e della conquista di vecchi e nuovi diritti sociali e civili, verso la costruzione di una società altra, di una cultura alternativa, strumento di cambiamento ed evoluzione dell’intera collettività. 

Dobbiamo partire dalla nostra società, quella italiana, che non deve essere più fanalino di coda nei processi epocali di trasformazione che investono il mondo intero, ma una società capace di rinnovarsi e ammodernarsi, capace di creare nuove risposte ai bisogni e ai desideri di ciascuno di noi, di trasformare i propri istituti giuridici e valorizzare il portato costituzionale, di trasformare la forma mentis della propria popolazione creando benessere attraverso una forte democratizzazione sociale e culturale, insomma, capace di una vera valorizzazione della vita quotidiana di ciascun soggetto.

Loredana Marino – Segretario della federazione provinciale di Rifondazione Comunista

lunedì 5 marzo 2012

Articolo 18, venerdì 9.


Lo sciopero del 9 marzo indetto dalla Fiom/Cgil è alle porte. La piattaforma “democrazia al lavoro” ha trovato il massimo appoggio da parte di Rifondazione Comunista/FdS, che condivide sia la battaglia per impedire la manomissione dell’articolo 18, sia in opposizione alla politica scellerata della 
Fiat
 
L’art.18 fa parte dello statuto dei lavoratori e garantisce il reintegro del lavoratore.
E’ la garanzia reale e materiale che impedisce ad un imprenditore di licenziare senza giusta causa. Infatti applica l’obbligo legale di reintegro all’interno delle fabbriche nel caso di licenziamento ingiusto. Questa garanzia attualmente, in Italia, copre il 65,5% dei lavoratori; si applica in tutte le aziende con più di 15 dipendenti, mentre non si applica per i lavoratori con contratti a tempo determinato.

Nel dibattito mediatico scatenato dalla volontà del governo tecnico di mettere mano alla riforma del lavoro, si evince spesso una tendenza ad asserire che i "troppo garantiti" (i lavoratori che usufruiscono dell’art.18) dovrebbero cedere le loro garanzie per permettere ai giovani e ai precari di inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro. Non è però mai esplicitato come la diminuzione delle garanzie per una parte di lavoratori possa favorirne l’altra, neanche il governo, così detto “tecnico”, spiega nel merito i motivi della volontà di cambiare l’art18. Gli attacchi a questa garanzia sono stati scomposti e immotivati,
Non è un tabù” è stato uno dei leitmotiv di Mario Monti e del ministro Fornero, un argomentazione debole per una riforma così difficile.

Proprio nell’ambito della riforma del lavoro si è compreso il carattere autoritario delle consultazioni del governo con le parti sociali, Mario Monti, infatti, ha dichiarato: “Vareremo la riforma, anche senza il consenso delle parti sociali, entro la fine di marzo”. Una sconcertante dichiarazione che denota la preponderante rigidità del confronto e palesa quanto le decisioni non tengano conto delle parti interessate, i lavoratori.


Se il governo si affanna ad attaccare le garanzie, resta, invece,
completamente muto sulla situazione della Fiat. Da un anno e mezzo la politica scellerata di Marchionne è tesa alla soppressione di ogni dissenso e rivendicazione. Oggi a Pomigliano la produzione è ricominciata, le riassunzioni sono di 1800 su 4200 operai, e neanche uno degli operai riassunti ha in tasca la tessera Fiom. Una discriminazione oculata, una discriminazione che sta mettendo alle porte uno dei sindacati più rappresentativi dei metalmeccanici. 

Lo sciopero si pone a
baluardo e protezione dell’articolo 18, e in contrasto con l’avanzata dei tecnocrati, ora al governo, posti in una chiara ottica padronale e antisindacale.
Le realtà che appoggiano la piattaforma sperano in uno sciopero generale e generalizzato. Rifondazione Comunista, oltre all’appoggio palese alla manifestazione, lancia in contemporanea una campagna nazionale di raccolta firme in difesa dell’art.18.

Il testo della petizione recita: “L’obbligo della reintegra di chi viene ingiustamente licenziato è garanzia per ogni singolo lavoratore ed è al tempo stesso il fondamento per l’esercizio dei diritti collettivi delle lavoratrici e dei lavoratori, a partire dal diritto a contrattare salario e condizioni di lavoro dignitose.
Se l’articolo 18 fosse manomesso ogni lavoratrice e ogni lavoratore sarebbe posto in una condizione di precarietà e di ricatto permanente, essendo licenziabile arbitrariamente da parte del datore di lavoro. Se l’articolo 18 fosse manomesso verrebbero minate in radice le agibilità e libertà sindacali.” L’intenzione di Rifondazione Comunista è bloccare gli attacchi continui ribaltando il punto del dibattito, l’articolo 18 va esteso e non depotenziato, le garanzie generalizzate. Questa battaglia è in netto contrasto al lavoro precario, fonte di palesi iniquità sociali, e questa, si, qualcosa da rivedere.

La federazione provinciale di Salerno di Rifondazione Comunista, in questo momento di generale mobilitazione, e in accordo con le direttive nazionali lancia come iniziativa prossima in difesa dei diritti e della democrazia sul lavoro la raccolta firme sul reddito sociale di inserimento nel mercato del lavoro e la difesa dell’ art.18, iniziativa che investirà tutto il partito in tutto il territorio provinciale.

Guardando ad esperienze d’eccellenza in Europa ed in Italia, indìce una campagna di sensibilizzazione e una serie di azioni per arrivare ad un reddito garantito, il quale sarebbe un vero ammortizzatore sociale che aiuterebbe le nuove generazioni precarie.



Oggi alle ore 17 a pastena si terrà un volantinaggio informativo del circolo salerno-est di Rifondazione Comunista sullo sciopero del 9. 


Per adesioni allo sciopero chiamare il num: 340 60 14 775


 Lorenzo Moscariello