martedì 29 maggio 2012

Donne ed altri guai su trenitalia

Razzismo e misoginia, oltre ad 
andare a braccetto, sono tra le forme d'essere più meschine. Nonostante la storia multiculturale della nostra terra entrambe persistono nel nostro territorio. 
Molti probabilmente hanno assistito a soprusi di varia forma ai danni di migranti e donne,
una ragazza che ha subito e assistito a scene di ordinaria follia ci ha contattato per diffondere la sua esperienza, lo facciamo con piacere e con una ferma condanna di tutte le discriminazioni:

sono una ragazza di salerno che,a ritorno da un viaggio di piacere a Roma,si è trovata a dover prendere il treno Regionale Veloce 3383 NA-SA delle 16.06. 


Appena arrivata al binario mi trovo davanti ad un impacciatissimo controllore che, trovandosi in difficoltà con le lingue, mi chiede di tradurre ad un gruppo di stranieri una frase semplicissima : "dovete cambiare il biglietto con l' U2". Ridacchiando per la banalità della frase da tradurre mi siedo ed il treno parte con dieci minuti di ritardo. Dopo poco arriva lo stesso controllore che mi aveva chiesto di tradurre, ed inizia a controllare i biglietti. 

Un ragazzo italiano vestito in modo molto appariscente dice di non trovarlo, fa palesemente finta di cercarlo, per poi ammetterne l'assenza. La reazione del controllore è placida, neanche stizzita, lo lascia al suo posto chiedendogli, però, per la prossima volta, di comprare regolarmente il biglietto. 


Trascorsa una mezz'ora il controllore torna nello scompartimento per verificare il biglietto di un ragazzo di origine magrebina, il quale, immancabilmente, fa finta di cercarlo ed altrettanto immancabilmente inizia a disperarsi. Il controllore, alla presenza del ragazzo italiano su cui aveva chiuso entrambe gli occhi, inizia ad accanirsi con rabbia e violenza contro il ragazzo magrebino, fino a sbatterlo fisicamente fuori dallo scompartimento al fine di farlo scendere alla prima stazione. 

A questo punto, sbagliando, decido di passare il mio biglietto al ragazzo. Il controllore stranito dall'accaduto inizia ad urlare contro il ragazzo e contro di me. Alla mia reazione di chiedere esclusivamente un pò di educazione e parità di trattamento, o almeno evitare le urla, il "signor" controllore mi minaccia di portarmi dalla PolFer e si rifiuta di fornirmi il suo nome e cognome, che gli ho più volte chiesto (non indossava nemmeno il cartellino,che,credo,sia obbligatorio nella divisa) al fine di segnalare l'abuso di potere. La risposta è stata: "lei se la sta prendendo ed ha agito così perchè è solo una FEMMINA". Quando aveva infine deciso di far scendere me insieme al ragazzo senza biglietto alla prima stazione, fortunatamente gli altri componenti dello scompartimento sono venuti in mia difesa cercando di mitigare i toni del controllore ormai rosso in faccia ed esagitato. In tutto questo, il ragazzo italiano senza biglietto restava tranquillo al suo posto.
Ora, io non posso vergognarmi di essere una donna, ma mi vergogno davvero profondamente del fatto che persone con questo livello culturale si permettano di confrontarsi con gente che almeno le lingue le conosce e che non ha bisogno di sbraitare per affermarsi (il ragazzo magrebino rispondeva al controllore in perfetto italiano e con toni pacati,anche se affranto ed umiliato, nonchè dispiaciuto perchè se la stava prendendo anche con me).


Speravo almeno che simili episodi di ignoranza,stupidità,misogenia e razzismo, si limitassero ad un territorio ben lontano da un sud fatto di colori più africani che europei, in cui, per tradizione, si sono fuse e mescolate tradizioni di tutto il mondo

Francesca

sabato 26 maggio 2012

Nessuno può essere libero se è costretto ad essere simile agli altri


Il primo movimento gay pride nasce in America nel 1969, anno in cui l'omosessualità veniva etichettata dal “Manuale diagnostico e statistico dell'Associazione americana di psichiatria” come una malattia mentale. Non esisteva nessun movimento dei diritti, nessuna “immoralità” era più ovvia  dell’amore omosessuale;
La svolta arrivò quando, finalmente, si cominciò ad alzare la voce.
I cosiddetti “moti di Stonewall”, punto focale per i diritti LGBT di tutto il mondo, fecero i primi passi proprio in quel periodo
, inserendosi  a pieno nelle fase delle rivendicazioni del movimento sessantottino.

In Italia, invece, la prima manifestazione pubblica dell’amore omosessuale si ebbe meno di 4 anni dopo la prima americana. La scelta del terreno di protesta ricadde su Sanremo, in quanto città ospite  del "Congresso internazionale sulle devianze sessuali" avviato dal CSI, atto a scoprire le cause dell’omosessualità e a proporre alcune terapie per “curarla”. Qui il neonato Fuori! (fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano) diede avvio alla
manifestazione, che nel corso degli anni ha acquistato coraggio,tant’è che mentre a Sanremo nel ‘72 i partecipanti alla marcia erano in tutto una quarantina di persone, Roma, nel ’94, giunse a vederne la partecipazione di oltre diecimila.

Oggi,circa 40 anni dopo le lotte del ’69 e del ‘72, mentre in America il presidente Obama si schiera a favore delle nozze gay (che sia per motivi etici o per motivi politici, io propenderei più per la seconda),in Italia si torna nuovamente a festeggiare  il gay pride.

Nel 2012 il Pride campano sarà ospitato da Salerno, un pride strappato al capoluogo campano grazie, anche, al coordinamento Campania Rainbow e a tutte le realtà salernitane in favore del movimento LGBT
.

In queste settimane è stato allestito il Village, villaggio dei diritti, presso l’area dell’ex Salid. Due settimane di eventi ed incontri per sensibilizzare la cittadinanza sulla tematica LGBT.
Il Village è stato inaugurato nella giornata del 13 maggio da Platinette, nel pomeriggio c’è stata
la presentazione del  libro : "La vera storia dei miei capelli bianchi” scritto dall'On. Paola Concia, convolata a nozze con la sua compagna la scorsa estate.


A seguire, nelle giornate successive: mostre fotografiche (come quella sul  movimento LGBT allestita da Ottavia Voza), concerti, convegni (tra i più significativi ricordiamo quello del 17 maggio,giornata mondiale contro l’omofobia, moderato dal direttore dell’edizione salernitana de Il Mattino, Gianni Molinari, cui ha preso parte, come ospite di maggiore spicco, il filosofo Gianni Vattimo.)  e conferenze stampa (interessante quella organizzata a sostegno dei lavoratori del consorzio salernitano trasporti pubblici –CSTP-). Il Village è culminato ieri 25 maggio con diversi “matrimoni” goliardici e il concerto della compagnia d’altrocanto.
Tanti, quindi,gli appuntamenti che si sono susseguiti  nel corso delle otto giornate di Maggio e tanti i personaggi pubblici che hanno fatto da cordone ai veri protagonisti dell’iniziativa: i diritti civili e i diritti negati.

La manifestazione si chiuderà oggi,  26 maggio con la tradizionale parata che sfilerà sul lungomare salernitano e vedrà in testa Vladimir Luxuria. La marcia della Rainbow Flag si impone  con fierezza sulle discordanti opinioni provenienti dal municipio, intenzionato in un primo momento a “sparare” su ogni bacio dato alla luce del sole, poi frettolosamente smentitosi in una dichiarazione pubblica in cui si afferma che “c’è una raccomandazione degli uffici per la sobrietà ma è una raccomandazione che si formula di prassi per tutte le manifestazioni, che vale anche per le iniziative sindacali e culturali, a prescindere dagli orientamenti privati”, e che le polemiche sono state create dal nulla come dal nulla poteva creare Michelangelo.
 Si apre con il Village e il Pride salernitano, una nuova prospettiva per il sud dove, più che in altri luoghi, si tenta con non pochi sforzi  di dare una maggiore e più significativa visibilità a quella battaglia sotterranea che, meno di 30 anni fa apparteneva ancora al movimento femminista, e che oggi costituisce il fulcro di una lotta “amorevole” che ha difficoltà a mostrarsi e ad emergere in un territorio ritroso e tanto legato alla sua moralità sessista.
“L’amore è amore. E non ha mica sesso. Pensateci”.
(E.Brignano)

Francesca D’ambrosio

Presto tutte le foto del Village e della sfilata 

domenica 20 maggio 2012

Reddito di cittadinanza: una questione di volontà politica


Il reddito di cittadinanza ( o reddito minimo di esistenza/ reddito minimo garantito), nella sua declinazione “universalistica”, può essere definito come quell’ erogazione monetaria - accompagnata dal godimento gratuito di determinati diritti e servizi -, spettante, a titolo di diritto soggettivo, ad ogni cittadino (ovvero a ogni residente stabile) di un paese, indipendentemente dalla forma e dal livello del suo reddito, dalla propria condizione di occupazione- disoccupazione- inoccupazione e dal patrimonio: esso è inoltre incondizionato; illimitato; cumulabile con redditi da lavoro; corrisposto alle persone fisiche ( e non alla famiglia ) dal raggiungimento della maggiore età, in un ammontare sufficiente a garantire il soddisfacimento dei bisogni essenziali e dei diritti fondamentali della persona. 

Nelle diverse elaborazioni e pratiche reali, tuttavia, il reddito di cittadinanza ha assunto spesso le sembianze di una mera integrazione del reddito, o comunque ha finito per gravitare nell’orbita dei sistemi di protezione ed assistenza sociale - più o meno avanzati -, che ne hanno depotenziato l’ originaria portata universalistica. Ciò premesso, emerge peraltro un dato allarmante: in Europa, gli unici paesi non ancora dotati di una qualsiasi forma di reddito minimo sono l’ Italia, la Grecia e l’Ungheria. Ad esempio, in Germania, coloro che non hanno un lavoro o hanno un reddito basso, con un’ età compresa tra i 16 e i 65 anni, ricevono dallo Stato 345,00 euro al mese (per un periodo di tempo illimitato), e hanno coperti i costi dell’ affitto e del riscaldamento; con leggere differenze, dicasi lo stesso per la Gran Bretagna. In Francia, per avere diritto al Revenu minimum d’insertion (Rmi), bisogna aver compiuto 25 anni (tranne che per i disoccupati con figli): il Rmi prevede l’integrazione del reddito a 425, 40 euro mensili per un disoccupato solo e a 638,10 euro se in coppia; se la coppia ha un figlio, l’integrazione sale a 765,72 euro, che diventano 893,34 se ne ha due, i quali comunque aumentano di 170,16 euro per ogni altro figlio. Per non citare, poi, le solite Danimarca e Svezia. 

Evidentemente, è anche per la totale assenza di simili protezioni, le quali sono la norma in Europa(e non parliamo di paesi socialisti, ma di un’ area dove persino il liberal-keynesismo è stato bandito!), che le fasce deboli della popolazione italiana e greca accusano con una virulenza maggiore rispetto a quelle degli altri stati europei i colpi della crisi capitalistica che avanza. A titolo di cronaca, bisogna ricordare che, limitatamente all’ ambito delle autonomie territoriali, le regioni Campania e, da ultimo, Molise hanno istituito delle forme di reddito di cittadinanza. La prima approvò nel febbraio 2004, sotto la giunta Bassolino, una legge che prevedeva, per un triennio, un contributo mensile di 350,00 euro per i nuclei familiari aventi un reddito annuo inferiore ai 5 mila euro; nel 2006, terminata la fase sperimentale, si è andati avanti attraverso proroghe annuali previste nella Finanziaria regionale. La seconda ha introdotto, nella Finanziaria regionale 2012, un’ iniziativa sperimentale di sostegno alle famiglie molisane in difficoltà economica, prevedendo l’erogazione di un contributo economico mensile a famiglia per un periodo di tempo non superiore ai 12 mesi. Nonostante ciò, ambedue i provvedimenti peccano di limiti strutturali, come la corresponsione del contributo ai nuclei familiari e non alle persone fisiche, e di limiti naturali, essendo iniziative regionali, le quali quindi si rivolgono ad aree molto circoscritte e che, non avendo le regioni la necessaria capacità finanziaria per sostenerle autonomamente, sono appese al filo sottile del cofinanziamento statale, che immancabilmente viene meno e le fa sfumare nel nulla. Perciò, è essenziale che ad agire in tal senso sia lo Stato, anche perché si stratta di interventi che hanno dei costi inverosimilmente bassi: i dati che seguono ne sono la prova. 

Seguendo un’ interessante articolo di Andrea Fumagalli - economista che da anni è occupato sulle tematiche del reddito di cittadinanza, o reddito di base incondizionato(RBI) - , emerge che, considerando come soglia di povertà relativa 600 euro al mese, per 7.200 euro all’anno, allora, sulla base dei dati Caritas, per garantire a tutta la popolazione italiana attiva (dai 16 ai 65 anni d’età) un RBI pari alla soglia di povertà relativa(sotto forma di sussidio o di integrazione del reddito), occorrerebbe una cifra lorda pari a 20,7 miliardi di euro all’anno. Invece, per introdurre un RBI superiore del 20 % alla soglia di povertà relativa, ossia pari a 720 euro al mese, per 8.640 euro all’anno, sarebbero necessari 34,7 miliardi di euro; ancora, per garantire un RBI di 883 euro mensili, ovvero 10.000 euro annuali( misura che interesserebbe 12 milioni e mezzo di italiani, cioè il 31% della popolazione attiva), si giungerebbe ad un costo complessivo pari a poco più di 45 miliardi di euro. Ora, giacché il RBI andrebbe a sostituire gli attuali ammortizzatori sociali (indennità di disoccupazione, mobilità, i vari tipi di cassa integrazione, che a ragione Fumagalli definisce “ iniqui, parziali e distorsivi” ), incorporandoli e universalizzandoli - a scanso di equivoci, va aggiunto che a finanziare il RBI non sarebbe la previdenza, ovvero i contributi sociali, ma l’assistenza, cioè la fiscalità generale - , e atteso che il costo degli ammortizzatori sociali ammonterebbe a circa 15,5miliardi di euro, i quali andrebbero sottratti alla cifra necessaria all’introduzione del RBI, il costo netto dello stesso ammonterebbe a: 1) 5,2 miliardi di euro, per un RBI pari 7.200 euro annui; 2) 15,7 miliardi di euro, per un RBI pari a 8.640 euro annui; 3) 26 miliardi di euro, per un RBI pari a 10.000 euro annui. Si potrebbe opportunamente obiettare che questo tipo di RBI non sia effettivamente universale ed incondizionato, dal momento che, per beneficiarne, si pone come condizione il livello di reddito. Tuttavia, come ricorda lo stesso Fumagalli, “ una volta entrati nella graduatoria, non vengono poste altre condizioni e al momento una simile misura non esiste in Europa, anche laddove vengono dati generosi sussidi al reddito in modo sganciato dal lavoro”, e che ,inoltre, “occorre considerare che sta nella definizione della soglia di reddito da raggiungere il sistema per ampliare progressivamente i possibili beneficiari sino ad aumentare il grado di universalità di accesso”, poiché, proprio grazie all’RBI, la soglia di povertà tenderà ad aumentare automaticamente, aumentando il reddito medio della popolazione

Tutto ciò mette in risalto come l’introduzione di un reddito di cittadinanza non sia un problema di sostenibilità economica, ma di mera volontà politica. Infatti, per coprire i saldi succitati, sarebbero innumerevoli gli interventi fiscali che potrebbero essere eseguiti e le voci di spesa da tagliare: l’introduzione di una tassa patrimoniale dello 0,5% sui patrimoni superiori ai 500.000 euro, che, secondo Sbilanciamoci, farebbe incassare circa 10,5 miliardi di euro (oltre ai vari miliardi che si recupererebbero con un aumento della progressività delle imposte); la tassazione delle rendite finanziarie, portata dal 12,5% al livello europeo del 23%, che, sempre secondo la stessa fonte, porterebbe ad un incremento delle entrate di circa 2 miliardi di euro; la drastica riduzione della spesa militare, a cominciare dalla rinuncia alla commessa dei 90 cacciabombardieri F35, che costeranno in cinque anni 10,8 miliardi; il blocco delle grandi opere, a partire dalla TAV, per iniziare una buona volta a seguire la logica delle piccole opere, e della riconversione ecologica dell’ economia; infine, un netto taglio agli stipendi dei managers pubblici, alle pensioni d’oro, agli stipendi dei parlamentari, dei consiglieri regionali e via discorrendo

In conclusione, sembra superfluo rilevare che il reddito di cittadinanza non sia uno strumento “rivoluzionario” o la panacea di tutti i mali, ma piuttosto un mezzo schiettamente riformista, che però ha dalla sua almeno due pregi notevoli: riesce ad unificare le lotte, essendo potenziale parola d’ordine di precari, disoccupati, inoccupati, studenti, lavoratori e migranti, giovani e meno giovani, finalmente uniti dopo la poderosa strategia padronale di atomizzazione e divisione del lavoro, che ha scatenato un’ infinita guerra tra poveri; blocca l’inarrestabile corsa al ribasso dei salari e dei diritti dei lavoratori, i quali, avendo garantiti i bisogni essenziali, aumenterebbero quel potere contrattuale che, in questi tempi di lotta di classe all’incontrario, sembra destinato a svanire del tutto. E’ per questo che la Federazione Provinciale di Salerno del Partito della Rifondazione Comunista-FdS, ha lanciato un appello alle soggettività politiche ed alle realtà sociali in ordine alla costruzione di una rete salernitana per il reddito incondizionato di base, rete che si sta concretizzando in questi giorni.

Valentino Rizzo

venerdì 18 maggio 2012

Riforma lavoro, pronta l'approvazione al Senato del massacro dei diritti

da controlacrisi.org:

Tra le proposte di modifica che saranno esaminate ce ne sono anche 16 dei due relatori (oltre a Castro Tiziano Treu del Pd che sono i due sherpa messi al lavoro per limare i testi) e 27 dell'esecutivo. A questi vanno aggiunti i circa 150 sub-emendamenti dei senatori. Rispetto ai testi presentati la scorsa settimana non ci sarebbero modifiche di sostanza “solo drafting del testo”, spiega Castro.

Tra i nodi che saranno sciolti dalla Commissione quello sull'articolo 18 dello Statuto: nei casi dei licenziamenti disciplinari è infatti ancora da decidere se nella riforma vada o meno inserita la cosiddetta 'tipizzazione’ nel ricorso davanti al giudice. Un emendamento dei relatori non la prevede, quello del governo sì. Il rischio è quello di limitare l’ambito di giudizio del giudice e arrivare più direttamente al risarcimento.

Si allunga a un anno la durata del contratto a termine senza causale (dai 6 mesi previsti dal governo), mentre viene ridotto a 20-30 giorni (erano 60-90 giorni) l'intervallo tra contratti a tempo determinato per l'avvio di nuove attività.

Vengono intanto confermati con un emendamento del governo gli sgravi contributivi introdotti in via sperimentale per il 2008-2010 (650 milioni) e oltre al salario di base per i Co.Co.Pro si rafforza l'attuale una tantum per i parasubordinati. La misura, però, è sperimentale, vale 3 anni.

Tra le altre modifiche approvate con piccoli aggiustamenti tecnici quelle sull'apprendistato: si potrà sempre assumere un apprendista, mentre nel testo originario l'assunzione era vincolata alla trasformazione del contratto per almeno il 50% degli apprendisti in azienda.

Via libera, sempre alla proposta dei relatori, secondo cui per attivare il lavoro a chiamata basterà inviare un sms alla direzione provinciale del lavoro. In caso di mancato, avviso i datori di lavoro rischieranno da 400 a 2.400 euro di multa (paura eh!!!). Il job on call sarà libero per gli under 25 e gli over 55.

Infine, le partite Iva: saranno considerate vere quelle che hanno un reddito annuo lordo di almeno 18mila euro, ma si allentano i criteri per la loro regolarizzazione verso un contratto a tempo indeterminato. Se nella versione precedente si teneva conto della provenienza al 75% dallo stesso datore di lavoro, della durata oltre i sei mesi e, infine, del vincolo di orario e presenza in una postazione fissa, nel testo in approvazione l la percentuale passa a più dell’80% dei compensi totali e il periodo di attività sale a otto mesi.
 



Fabrizio Salvatori


lunedì 14 maggio 2012

Un Fiume di Bandiere Rosse


Ma non dicevano che i comunisti erano spariti?


Sicuramente una delle più grosse bugie della seconda repubblica!



Il 12 maggio, per le strade di Roma, scorreva un fiume di bandiere rosse. Arrivati in piazza della Repubblica c’erano già i compagni e le compagne delle varie federazioni d’Italia sparsi tra la stazione di Roma Termini e la piazza del concentramento. Era difficile farsi un’idea del numero, c’erano compagne e compagni un po’ dovunque, ma quando gli spezzoni delle federazioni hanno cominciato ad accodarsi alla testa del corteo tutto è diventato molto più chiaro, c’è voluta più di un ora a svuotare la piazza dai militanti provenienti da tutta Italia.

Circa 40.000 persone sono scese in piazza per gridare la loro opposizione al Governo Monti, un governo politico, forse il più politico della seconda repubblica, che fa passare per tecnicismi le peggiori porcherie neoliberiste. La riforma pensionistica, l’assalto all’articolo 18 camuffato da riforma del mercato del lavoro ed il fiscal compact sono solo alcune delle riforme che Mario Monti e la sua cricca di servi delle banche hanno in serbo per tutti noi, e non siamo gli unici ad averlo capito.

Lungo il percorso del corteo si potevano ascoltare diversi cori, c’era chi prospettava la caduta di Monti, chi ce l’aveva con il PD per il suo sostegno incondizionato al governo e la sua opposizione parolaia e chi spronava la Camusso a chiamare uno sciopero generale contro le politiche criminali che stiamo subendo.
C’è tutto un popolo, stanco di essere oppresso, schiavizzato e privo di ogni rappresentanza che il 12 maggio solo in parte era con noi in piazza, ed è quel popolo che noi vogliamo coinvolgere ed ascoltare.

Arrivati in corteo al Colosseo gli interventi dal palco erano perfettamente in linea con gli slogan della piazza, abbiamo ricevuto il sostegno di compagni e compagne provenienti da tutta Europa: la Linke e la Izquierda Unida hanno inviato comunicati di appoggio alla nostra manifestazione, una compagna del Partito Comunista Portoghese ha descritto una situazione praticamente identica alla nostra, con i prezzi del trasporto pubblico alle stelle, gli stipendi ai minimi storici, smantellamento di scuola pubblica e stato sociale, ma i loro sindacati hanno convocato lo sciopero generale due volte in sei mesi, ed hanno portato in piazza centinaia di migliaia di persone pronte a dimostrare con ogni mezzo la loro assoluta e radicale opposizione alla dittatura della troika.
Intervengono dal palco anche un rappresentante di Syriza ed uno del Partito Comunista Francese, uno dopo l’altro ascoltiamo i compagni di un’Europa diversa ma allo stesso tempo così vicina.
Alla fine, gli interventi dei segretari, hanno segnato la rotta e dopo aver ascoltato le nostre istanze continuano a tenere la barra dritta, puntando senza esitazione in basso a sinistra. Il compagno Ferrero, con l’emozione di chi da anni non vedeva una piazza traboccante di bandiere rosse, e che non si aspettava una simile partecipazione, parla alla folla e come ormai da più di un anno ripetiamo senza tregua parla di una sinistra unita, che si opponga con forza alle privatizzazioni dei beni comuni, al sopruso del capitale, alla dittatura della troika ed alla schiavizzazione del popolo italiano ed europeo.

Finita questa manifestazione noi tutti siamo tornati a casa un po’ diversi. Siamo tornati a casa con la rinnovata e radicale sicurezza della possibilità di un nuovo mondo possibile, del quale noi dobbiamo essere il volano per trasformare rabbia e la disperazione in protesta organizzata per cacciare Monti ed il suo governo dei banchieri dai palazzi del potere e gettare finalmente le basi per la creazione di un nuovo sistema basato su giustizia sociale, solidarietà e democrazia.

HASTA LA VICTORIA!


Daniele Procida

mercoledì 9 maggio 2012

Numeri vincenti della lotteria di Sicignano

decimo premio: 1735

nono premio: 0417

ottavo premio 1199

settimo premio: 1572

sesto premio: 0502

quinto premio: 1142

quarto premio: 0222

terzo premio: 0957

secondo premio: 1593

primo premio: 0052

martedì 8 maggio 2012

Tutti i 25 aprile dello stivale

Finalmente questo malnato e peggio cresciuto 2012 ci elargisce uno sprazzo di sole e l’eco squillante di tante voci – quelle giuste – in un giorno che molti temevano di dover vivere fra ricordi e rimpianti: un 25 aprile nel quale finalmente la memoria del passato ha dato nuova forza alle lotte del presente. Non si è trattato solo del numero delle manifestazioni grandi e piccole in ogni parte d’Italia e del numero dei partecipanti ovunque calcolato il più alto degli ultimi anni.
Si è trattato anche e soprattutto della ricchezza di presenze, fra le quali prevalgono giovani e giovanissimi e lavoratori. Nei cortei, nei presidi, nelle fiaccolate della vigilia spiccano gli striscioni e le bandiere dei partiti antifascisti, dei sindacati, delle associazioni culturali e sociali, delle comunità di migranti, dei collettivi studenteschi dei centri sociali, delle lotte territoriali ed operaie tutti uniti nel rivendicare i valori della guerra di liberazione e condannare il neofascismo di strada e di governo e il tentativo di equiparare i combattenti per la libertà e la democrazia e i sostenitori di una dittatura infame e di un’occupazione militare spietata. Con la consapevolezza del rischio che corre la democrazia del nostro paese e della necessità che l’uscita da questa crisi non sia lasciata a quelli che ne sono stati responsabili.
Ecco il resoconto, incompleto, della giornata. Dappertutto Prc e FdS sono presenti, spesso fino dalla preparazione.
Al corteo dell’ANPI di Roma – il primo dopo alcuni anni di solo presidio – ci sono i rappresentanti delle tre università, le più recenti vittime di aggressioni neofasciste e neonaziste, la casa della donna, i comitati di immigrati fra i quali la comunità palestinese di Roma e Lazio con le sue bandiere e uno striscione che recita “Gerusalemme città aperta – pace giusta in Palestina”. Non ci sono il sindaco Alemanno e la presidente regionale Polverini non invitati.
I compagni e gli antifascisti di Massa Carrara si sono divisi fra la manifestazione a massa e il presidio (con volantinaggio) di protesta per la mancata chiusura del supermercato Esselunga.
A Milano decine di migliaia di persone hanno sfilato per ricordare i propri caduti e denunciare la politica antioperaia e antipopolare del governo monti con un seguito serale al Giambellino.
A Mestre si è di nuovo cantata bella ciao sostituita per anni dalla legenda del Piave, grazie al comune che, affiancato dall’ANPI, ha risolutamente preso in mano l’organizzazione della giornata, nella quale hanno cantato i giovani e i giovanissimi artisti del coro “scarpe rotte”.
Giovanissimi anche i cantanti del coro resistente che ha partecipato alle manifestazioni di Bologna iniziata il 21 aprile (liberazione della città) e conclusa il 25 dal sindaco Virgilio Merola.
Giornata di ricordo e di protesta a Cinque Frondi dove si sono riuniti i giovani antifascisti di Reggio Calabria; a Vicenza, città sempre fiera della sua tradizione partigiana e operaia, a San Donà di Piave e a Chioggia.
A Napoli i giovani dell’ANPI hanno prolungato la manifestazione con un corteo di studenti, disoccupati, precari per protestare per la mancanza di lavoro e per la tolleranza della regione nei confronti dei crescenti gruppi neofascisti e neonazisti.
A Savona tradizionali fiaccolate la sera del 24 e giornata intera di proiezioni, musica, mostre e discussioni alla Fortezza del Priamar con concerto finale di Cisco, ex voce dei Modena City Ramblers e una marea di giovani e meno giovani ad ascoltarlo e a cantare "Bella Ciao", "Fischia il vento".
Ad Enna i compagni dell'ANPI locale hanno organizzato manifestazioni di ricordo dei loro concittadini, militari che all'otto settembre del 1943 erano emigrati al nord non per fare fortuna ma per sostenere la lotta partigiana nelle valli.
Tre fiaccolate della vigilia anche a Torino e concerto nel corso del quale il cantautore Gianmario Festa chiama i cittadini a firmare una petizione per la ripubblicazione dell’acqua.
Tre fiaccolate anche in Val di Susa dove il sindaco di Sant’Ambrogio, Dario Fracchia, ha letto e diffuso un ordine del giorno del consiglio che ribadisce le rivendicazioni e la decisione di resistere della comunità No tav, che alcuni valligiani diffondono anche alle manifestazioni di Torino e di Milano.
A Salerno la risposta a un manifesto del presidente della provincia, Edmondo Cirielli, contro la resistenza e i partigiani è data da un’intera piazza sulla quale sventolano le bandiere dell’ANPI, della CGIL, del Prc, del Pdci, della FdS, dei giovani del PD e le fasce tricolori di molti sindaci che toglie la parola all’assessore venuto in rappresentanza dell’autore del manifesto. Un successo festeggiato in decine di comuni.
A Voghera l’ANPI ha partecipato soltanto alla deposizione di fiori sulle lapidi dei partigiani caduti rifiutando la presenza e l’intervento nella sede comunale per protesta contro il sindaco che non ha dato ancora risposte alla richiesta degli antifascisti e delle famiglie dei partigiani caduti in combattimento e dei civili vittime di rappresaglie perché sia tolta la vistosa lapide in memoria di alcune spie e collaborazionisti della cosiddetta Repubblica di Salò.

Bianca Braccitorsi - Partigiana

sabato 5 maggio 2012

I no Tav e la disobbedienza civile


E’ una costante in periodi di crisi: intervenire massicciamente sulle opere pubbliche per far ripartire l'economia. Lo sosteneva l’economista Keynes, le cui teorie trovarono applicazione nelle politiche di Franklin Delano Roosvelt padre de la Work Progress Administration, agenzia governativa che gestiva la realizzazione di importanti opere pubbliche all’epoca del New Deal. Una teoria, quella di keynes, dallo spirito pragmatico e dalla matrice spiccatamente capitalista ma che contempla la pianificazione di opere necessarie, ancor prima che di opere inserite unicamente nell’ottica del rilancio economico. 

E’ ciò a cui abbiamo assistito in Italia negli ultimi tormentati anni di burrasca anti-democratica. La Tav, il ponte sullo stretto, il Mose, e numerose altre opere definite “vitali” per il paese, si apprestavano a diventare l’emblema del risollevamento dalla crisi finanziaria. Negli U.S.A, il New Deal ha determinato l’ampliamento delle vie di comunicazione, la costruzione di nodi infrastrutturali di rilievo ed efficaci, e non ha permesso di trascurare le grane relative all’edilizia scolastica, al controllo delle vie fluviali (la popolazione genovese ne sa qualcosa), in generale al miglioramento delle strutture essenziali di un paese. 

Certo, se negli USA è stato possibile l’Italia, invece, è genuflessa alle sue lacune storiche. Ma neanche il concetto di quella politica è paragonabile a quanto accade in Italia, dove i grandi cantieri sono ad appannaggio delle cosce mafiose, delle lobby, dei nuclei affaristi che dilaniano la legalità e che speculano ai danni delle risorse paesaggistiche. Qui non sarebbe possibile attuare neanche la teoria Keynesiana. Nel belpaese il paradosso è sempre a portata di mano e la TAV, emblema del disfacimento della ragione, imprime forza al ragionamento.

A cos’altro si può addebitare la costruzione di una linea ferroviara ad alta velocità assolutamente superflua (oltre che dannosa), se non ad una gentile concessione alle mafie in tempo di crisi? Le FS sono uno dei più grandi centri di distribuzione di appalti a livello nazionale. Non deve stupire, quindi, se la Corte dei Conti ha già più volte criticato le modalità della suddivisone dei lavori, i loro eccessivi costi ed il debito generazionale che questi debiti creano nei confronti dei nostri figli che si troveranno a pagare senza poter utilizzare i servizi a causa del deperimento strutturale che interverrà prima che il debito possa essere estinto dai futuri contribuenti.

E perché, mentre il 95% dei pendolari ferroviari utilizzano i treni su percorsi brevi, non vengono stanziati fondi per questo tipo di trasporto, mentre i finanziamenti vengono invece concentrati verso l’alta velocità che ha pochissimi passeggeri, costi enormi di manutenzione e che subisce la forte concorrenza dell’aereo?

La Valsusa, in ultima analisi, è la miniera uranifera d’Europa. Non lo sostengono i No Tav, ma l’Agip, che durante gli anni ’70 ha scavato una serie di tunnel esplorativi sui monti fra Giaglione e Venaus per cercare il pechblenda, uno dei principali minerali di uranio usati per produrre combustibile nucleare. Il problema è che questi scavi, dismessi perché commercialmente poco convenienti, si trovano a poche centinaia di metri dalla Maddalena di Chiomonte, il luogo scelto da Ltf per costruire il cunicolo geognostico per le gallerie Tav fra Torino e Lione. “Il progetto non genera danni ambientali di nessun tipo”, si affanna a ripetere il governo. Ma in quel luogo la radioattività è di due volte superiore la media. 

Ma allora perché in Italia si costruiscono opere con la militarizzazione dei territori, invece di assumersi la responsabilità di individuare le grandi opere necessarie allo sviluppo del paese e poi determinare con le regioni, i comuni e le comunità locali i modi per attuarle? 

Ecco perché esistono i No Tav, ed ecco perché si tratta di un movimento variegato che adotta svariate forme di protesta, che spaziano dalla canonica (e ininfluente) manifestazione di piazza alla lotta più rude che comporta la consapevole violazione di una o più norme di legge. Ci troviamo di fronte al caso più eclatante e prolungato di disobbedienza civile dei tempi moderni, che mira non soltanto al sabotaggio e a creare disagi al trasporto pubblico, ma al palesamento delle falle infrastrutturali. Azioni simboliche, che non arrecano disagio ma che attestano come la protesta e i movimenti in Italia si siano evoluti: meno terrore, più spirito costruttivo. 

In quest’ottica, si colloca l’incendio appiccato qualche mese fa in prossimità di una centralina elettrica che serve da meccanismo di sicurezza per la circolazione ferroviaria nel nodo di Milano, tra le stazioni di Rogoredo e Lambrate. Il movimento No Tav ha diffuso un comunicato per precisare che «queste azioni non rientrano nella nostra metodologia di lotta, che sono metodologie di lotta popolare fatte alla luce del sole. Qualunque provocatore può scrivere No Tav dove gli passa per la testa, ma questo non coinvolge il movimento». 

Ma la rivendicazione resta ed il disagio di massa dei nostri giorni è il volano principale della furia del singolo, spesso disorientato in mezzo alla “Catechesi” di partiti e lotte politiche. Keynes o non Keynes, il problema rimane l’Italia e la sua puzza di compromesso.

Al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano la protesta più lunga "ad alta quota", quella dei lavoratori della ex Wagon Lits, dall'8 dicembre sulla Torre faro contro il licenziamento di 800 dipendenti a seguito della soppressione dei treni notturni. La loro voce riecheggia nella recessione dell’Italia. Fu lo storico radicale americano Howard Zinn, uno dei massimi analisti (oltre che fautore) della disobbedienza civile contemporanea, ad affermare che "E' giusto disobbedire a leggi ingiuste, ed è giusto disobbedire alle sentenze che puniscono la violazione di quelle leggi".

Stefano Ferrara

martedì 1 maggio 2012

Primo Maggio a SALERNO







Questa mattina centinaia fra studenti, precari, lavoratori e disoccupati sono scesi in piazza a Salerno aderendo alla manifestazione indetta da Rifondazione Comunista. Oltre a Rifondazione Comunista, i Comunisti Italiani, il Comitato degli Ex Lavoratori Isochimica Esposti All’Amianto ed il Comitato Precari CSTP le forze politiche e sindacali di alternativa hanno deciso di aderire alla piattaforma politica della manifestazione. 
In piazza i COBAS, l’USB, la FILEF, il Centro Sociale Jan Assen, il Circolo di SEL Miriam Makeba, Sinistra Critica, una delegazione della IrisBUS e tante e tanti altri associazioni e liberi cittadini e cittadine.

Un fiume di bandiere rosse ha invaso Salerno, percorrendo l’intero corso cittadino, ed in fine occupando piazza Portanova. Una serie di interventi di tutte le forze politiche ha ribadito che l’articolo 18 non si tocca, che vogliamo lavorare senza essere più sfruttati, che non siamo più disposti a farci strozzare dal neoliberismo di Monti e dalle politiche economiche vergognose dettate dalla BCE.

Durante il percorso, fra piovre di carta pesta, e riproduzioni di elmetti da operai, è stata simbolicamente murata la porta della Banca d’Italia e sono stati deposti al suo ingresso dei manichini a rappresentare gli oltre 340 tra lavoratori e disoccupati che si sono suicidati nel 2011.

Per il Partito della Rifondazione Comunista della provincia di Salerno questa è stata una grande riscossa, da quasi 20 anni non si vedeva una tale quantità di compagne e compagni manifestare in strada il primo maggio. Speriamo, e lavoreremo perché questo accada, che questa sia la prima di una lunghissima serie di mobilitazioni che portino l’Italia a rialzare la testa e ad uscire dalla crisi del capitalismo da sinistra, grazie a lavoro, reddito e democrazia.