mercoledì 1 febbraio 2012

Odissea Termovalorizzatore

 La parola termovalorizzatore, a fasi alterne, entra ed esce dalle conversazioni di tutti i giorni, sbuca dalle pagine dei giornali locali e nazionali e viene sussurrata dalle televisioni locali. Ma da anni il tema non viene affrontato nel giusto modo.

    La controversa storia di questo impianto, che secondo il Piano Regionale per i Rifiuti dovrà sorgere in provincia di Salerno, più precisamente in Località Piana di Sardone, Comune di Salerno, inizia nel 2007, quando una terrificante emergenza rifiuti travolse Napoli e buona parte della Campania. La storia di cinque anni fa ci racconta di una Salerno isola felice in un inferno di topi, mosche e malattie respiratorie. Ma chi ha un po’ di memoria ricorda anche qui enormi cumuli di “monnezza” che lentamente s’innalzavano anche oltre il metro di altezza. Tutto ciò non avveniva nella Salerno della movida, e le cataste putrescenti di sacchetti non inondavano le strade principali, totalmente sgombre, ma bastava allungare lo sguardo un po’ più in là, nelle traverse e nelle stradine della periferia, per rendersi conto dell’emergenza selettiva che vivevamo nella nostra Salerno.

    Mentre la Giunta Regionale, allora capeggiata da Bassolino, puntava alla realizzazione del mega-inceneritore di Acerra, la Giunta Comunale di Salerno non perse tempo e si lanciò nella realizzazione di un progetto concorrente a quello regionale, proponendo la costruzione di un mega-impianto di termovalorizzazione che servisse allo smaltimento dei rifiuti delle provincie di Salerno, Avellino e Benevento. Nel 2008, come commissario per la realizzazione dell’impianto di termovalorizzazione di Salerno, fu nominato il sindaco Vincenzo De Luca, principale sostenitore del progetto stesso, che individuò, già a quei tempi, la località di Sardone come locazione per l’impianto. Il 18 febbraio del 2008, Vincenzo De Luca, facendo carta straccia delle regole, nomina Alberto Di Lorenzo project manager per la realizzazione del termovalorizzatore. Ma, secondo la Procura di Salerno, le norme vigenti non prevedono la figura del project manager per quel tipo di procedura. Di conseguenza, De Luca non poteva nominare nessuno per quell’incarico, e tanto meno fare in modo che venisse retribuito. Nonostante tutto, Di Lorenzo ricevette un compenso di 15.000 euro. Per questo motivo il sindaco Vincenzo De Luca è indagato per peculato.

    Con il passaggio della competenze dal comune alla provincia di Salerno, dovute alla legge sulla provincializzazione del ciclo dei rifiuti, e dunque da De Luca ad Edmundo Cirielli, la situazione cambiò: Cirielli divenne un accanito sostenitore del progetto del termovalorizzatore di Salerno e De Luca, ricordatosi strumentalmente dell’incompatibilità fra differenziata spinta e inceneritore, comincia ad osteggiare il progetto.

    Ora però cerchiamo di fare più chiarezza non solo sulla vicenda in sé, da un punto di vista amministrativo, ma anche da un punto di vista tecnico, ambientale e della salute dei cittadini. Si parla di termovalorizzatore, ma di cosa si tratta? Un termovalorizzatore non è altro che un impianto per l’incenerimento dei rifiuti, integrato con un sistema per sfruttare il calore della combustione per produrre o, ancor meglio per risparmiare, una piccola quantità di energia che verrà utilizzata per il funzionamento dell’impianto stesso, senza però renderlo autosufficiente.

Si parla di impianti di nuova generazione, cosa vuol dire? Fino alla metà degli anni ’90, gli inceneritori o termovalorizzatori, lavoravano ad una temperatura inferiore a 850 °C, questo permetteva una massiccia produzione di diossine, sostanze altamente cancerogene, considerate fra i più pericolosi veleni esistenti al mondo. In tempi più recenti, l’innalzamento delle temperature oltre gli 850 °C e l’uso di filtri speciali, che una volta esauriti diventano pericolosi rifiuti speciali, hanno ridotto il rischio diossine, ma allo stesso tempo hanno aumentato l’emissione delle così dette nano-polveri, dette anche PM2,5: polveri talmente piccole da riuscire ad interagire a livello cellulare all’interno dei bronchi e di tutto il sistema respiratorio causando gravissimi problemi ed ancora una volta tumori. Le nano-polveri, non sono in nessun modo filtrabili e difficilissime da rilevare con le normali apparecchiature in uso ai tecnici.

    L’area interessata dalle polveri e dagli inquinanti fuoriusciti dal camino dell’impianto si estende dai Picentini alla Valle dell’Irno, comprendendo numerosi comuni come San Mango, San Cipriano Picentino, Giffoni Sei Casali a evidente vocazione agricola dove nascono numerosi prodotti con certificazione D.O.P., fino a lambire il comune di Baronissi. Ovviamente per non parlare della zona in cui sorgerà l’impianto.

    Come se tutto questo non bastasse le ceneri prodotte dalla combustione necessitano di siti di stoccaggio per rifiuti speciali, e dunque il sogno dell’autosufficienza campana nel ciclo dello smaltimento dei rifiuti rimane un sogno ad occhi aperti.

    Dopo quasi cinque anni il percorso non è ancora concluso: prima la sociopatia di De Luca, incapace di trattare se non con la propria giunta di assessori e sordo alle proposte di chi non annuisce ad ogni sua parola, poi le frizioni interne fra iscritti al PDL della Provincia e della Regione che hanno portato alle dimissioni dell’assessore all’ambiente Fasolino. In entrambi i casi le istituzioni non tengono conto dell’ottimo livello di differenziata che raggiungono i Comuni della Provincia di Salerno.

    Malafede? Scarsa attenzione al progresso? Interessi extra-istituzionali? Non possiamo ancora dirlo; in ogni caso nei prossimi numeri parleremo delle alternative possibili al termovalorizzatore cercando di analizzare nel miglior modo possibile i pro ed i contro dei vari impianti.

Daniele Procida

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