Il sud, questo
luogo che nei discorsi della nostra classe dirigente sembra distante, quasi
come se non facesse parte della nostra vita, la cosa strana è che anche alcuni
esponenti dei partiti oggi in parlamento, pur provenendo dalla nostra stessa
terra ne parlano come se non la conoscessero. Come se il Mezzogiorno d’Italia
fosse un mondo che non gli appartiene. Il Mezzogiorno: granaio dei più floridi
imperi del passato, colonna portante della cultura italiana, calamita
degl’interessi delle potenti civiltà dei secoli trascorsi e centro del
Mediterraneo prima; colonia dei Savoia, terra esportatrice di manovalanza a
basso costo, discarica d’Europa e palla al piede poi.
Ci è stato
detto che dovevamo essere agricoltori, ci hanno fatto amare la nostra terra,
per essa abbiamo versato sangue e sudore, e lei fedelmente ci ha ripagato
generosamente con i suoi frutti, mentre i nostri aguzzini l’avvelenavano senza
ritegno con i loro rifiuti. Un giorno, uomini dal colletto bianco, hanno
comprato le nostre terre e ci hanno detto che era finito il tempo
dell’agricoltura, il Mezzogiorno, per svilupparsi, doveva diventare come il nord,
terra di opportunità, dove i figli dei contadini fuggivano per diventare
operai. Così facemmo, cominciarono a sorgere industrie a macchia di leopardo,
poi sorsero interi poli industriali dal nulla, interi comparti delle industrie
del nord, soprattutto i più pericolosi per la salute dei cittadini, infestarono
come erbacce le nostre terre, avvelenando i nostri fiumi e massacrando il comparto
agricolo.
Passa qualche
anno, un paio di generazioni, le terre avvelenate non fruttano più come prima,
le fabbriche, il progresso di cui si riempivano la bocca quei signori ben
vestiti e con le tasche piene di soldi, cominciano a perdere colpi, una ad una
crollano sotto il peso di una crisi di cui non conoscevamo le cause, che
all’improvviso ci travolge e sembra quasi un terremoto. Uno dopo l’altro quei
capannoni che erano diventati casa e prigione di noi operai del sud, noi figli
di contadini, divenuti figli dell’officina, ci ritrovammo finalmente liberi,
liberi di doverci svendere al miglior offerente, liberi di vivere di
espedienti, liberi di credere a qualsiasi promessa pur di non cedere alla
disperazione più nera, quella che non ti porta da nessuna parte se non a
ritrovarti in una cassa da morto con un livido attorno al collo.
Siamo arrivati
nel secondo millennio, carichi di speranze e buoni propositi, ma nella nostra
terra, quella che nonostante tutto ancora amiamo, le speranze sono poche. Sono
così poche che ormai, noi del Mezzogiorno il lavoro non lo cerchiamo neanche
più. Poi un giorno i nostri padri muoiono per colpa dell’amianto o di qualche
altro veleno che altri hanno inventato per noi, un giorno arriva la cassa
integrazione perché la fabbrica dove hanno lavorato per una vita chiude, un
altro giorno il negozio dove i nostri padri hanno investito tutta la loro vita
diventa un peso, schiacciato dalla concorrenza dei grandi marchi e delle
multinazionali. È quando arrivano quei giorni che il mondo ti cade addosso:
come faremo ad andare avanti? Che fine farà la mia famiglia? Come darà da
mangiare a mio figlio? Come farò a finire l’università? Che fine ha fatto il
mio futuro?
“Quando la
ragazza è rimasta incinta quel mio amico è partito volontario, ha fatto il VFP,
dice che lì se sei bravo, se fai quello che ti dicono i superiori senza
discutere, ti fanno fare carriera, dicono che se vai in missione ti fai i
soldi…” I soldi, è proprio quello che ci manca a noi del sud per risolvere i
nostri problemi.
Dal Rapporto annuale dell'Esercito
Italiano, nel 2010, nell'attività di reclutamento, oltre il 68% dei Volontari
in Ferma Prefissata per 1 anno proviene dal Mezzogiorno o dall'Italia insulare.
Si parla di circa 14 mila campani, 10 mila siciliani, 8 mila pugliesi, 5 mila
laziali, 2 mila sardi. Le stime parlano di un livello di scolarizzazione degli
arruolati pari al 21% con licenza media inferiore, il 78% con diploma di scuola
media superiore e l'1% in possesso di laurea triennale o quadriennale.
Fare il
militare è un modo per sfuggire alla disoccupazione per noi. Siamo costretti a
rimanere a casa a fare le sanguisughe, i mammoni, i fannulloni, gli sfigati o
ad andare a combattere guerre che non ci appartengono in terre lontane e morire
uccisi da chi, come farebbe chiunque, non fa altro che difendere la propria
terra dall’invasione del nemico, che dice di portare la democrazia, ma porta
solo morte, crudeltà e paura. Li chiamano terroristi, ma nei loro occhi vediamo
tutta la disperazione di chi si batte per un futuro che forse, grazie ai fucili
che portiamo in braccio, non vedranno mai.
Ci hanno tolto
la terra, ci hanno tolto la salute, ci tolgono il lavoro ed in fine ci
strappano via la vita e noi dovremmo rimanere in silenzio ed obbedire? Non sarà
più così, ci ribelleremo, ed allora le vostre guerre ve le combatterete da
soli. I nostri sogni non sono fatti di uranio, petrolio piombo.
Daniele Procida
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